Ci sono molti modi per concludere una fiaba: piccole filastrocche, qualche verso, formule rituali che variano a seconda della cultura di appartenenza. In italiano, il più comune, ai giorni nostri, è forse “E vissero felici e contenti”. A questo ritornello, e ai cartoni animati del povero Walt Disney, diamo la colpa quando le cose non vanno come secondo noi dovrebbero andare, e il più delle volte ci sfoghiamo dicendo: “Eh, la vita non è una fiaba! Nelle fiabe alla fine va tutto bene e non hanno più problemi, dopo il banchetto finale!” Sia detto per inciso, il banchetto finale spesso coincide con un matrimonio, ma di questo parleremo un’altra volta.
E invece… Invece, a ben guardare, anche il ritornello e vissero felici e contenti non vuol dire quello che in apparenza sembra evidente. Se esploriamo l’etimologia delle parole, scopriamo qualcosa di molto interessante.
Quindi, i protagonisti delle fiabe vivranno felici e contenti perché sono soddisfatti di come sono arrivati fino al banchetto finale, gioiscono di quello che hanno e per quello che hanno superato. Come dire: fino a qui, siamo arrivati. E domani, si vedrà.
Forse, bisognerebbe raccontarlo anche ai bambini: apprezzerebbero ancora di più le fiabe, anche se secondo me loro intuiscono il vero significato delle parole e non immaginano che “dopo la fine” non succederà mai più niente di difficile. Quelli, siamo noi adulti. E voi, che cosa ne pensate?
Intanto, vi auguro un fine settimana in cui possiate sentirvi felici e contenti. A lunedì, con una nuova tappa del nostro Giro d’Italia in venti e una fiaba.
Elisabetta
p.s.: ti piacciono le mie fiabe e vuoi sostenere il progetto? Ecco come puoi fare: